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In Abruzzo tre giorni formazione per unità cinofile Cnsas
Per loro è un gioco ma non è certo un gioco da ragazzi, perché è anche a loro che si richiede concentrazione, coraggio, intraprendenza. Si tratta dei cani delle Ucrc e delle Ucrs, le unità cinofile specializzate in catastrofi e in ricerca in superficie del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, che fino a ieri, per tre giorni, sono state impegnate in un Polo Formativo Cinofilo a carattere nazionale che si è svolto proprio in Abruzzo, accogliendo le unità provenienti da Puglia, Calabria, Basilicata, Lazio, Abruzzo, Umbria, Veneto e Friuli Venezia Giulia.
A fare da scenario alle attività di formazione è stato proprio il centro storico di Sant’Eusanio Forconese, paese nell’aquilano, che grazie alla disponibilità del suo primo cittadino, Giovanni Berardinangelo, e dell’intera comunità, ha aperto le porte alle unità cinofile del Soccorso che, per la prima volta, hanno sperimentato la propria attività addestrativa in un luogo davvero terremotato. Dunque non uno scenario allestito ad hoc, come è avvenuto finora, ma la realtà, per mettere a punto e testare soprattutto le UCRC, nate all’indomani del sisma dell’Aquila per volere del Dipartimento di Protezione Civile.
“Un’unità cinofila specializzata in catastrofe”, spiega Daniele Mozzi, istruttore nazionale della Scuola Nazionale Unità Cinofile, “deve acquisire una capacità particolare di movimentazione tra le macerie, un alto grado di discriminazione olfattiva, avere la giusta motivazione alla ricerca e ovviamente un’ottima preparazione fisica”.
Sì, perché sta al conduttore guidare il proprio cane anche attraverso superfici sconnesse, supportandolo nel superare la titubanza istintiva, a volte la paura, che potrebbe distoglierlo dalla ricerca. E a tal proposito, passo dopo passo, ai cani si insegna a concentrarsi, ma anche a fidarsi di se stessi e del proprio conduttore, a perseverare in ciò che per loro resta un entusiasmante “gioco” (ovviamente sempre attraverso rinforzi positivi). Il conduttore dunque alza la voce, sovraeccita il cane, lo riempie di complimenti festosi al ritrovamento del manicotto, in sostanza lo fa sentire bravo e ricompensato per il lavoro svolto. Ma tutto questo non si ottiene in un giorno.
“Fin da quando sono cuccioli e inizia la loro vita nel soccorso”, spiega l’istruttore nazionale Alessandro Darman, “al cane si insegna, attraverso uno schema comportamentale ripetitivo, con situazioni via via più complesse nelle quali si ritrova anche ad agire da solo, a comprendere il momento in cui finisce la passeggiata e inizia il lavoro vero e proprio. Il cane intuisce che sta per entrare in una dimensione di gioco (o ricerca) e trova la sua concentrazione”.
“Per fare questo”, precisa l’istruttore nazionale Erwan Gueguen, “lo sottoponiamo anche ad ambienti contaminati da innumerevoli odori. Non è escluso che prima di far lavorare un cane maschio, si lasci che un luogo sia attraversato da una femmina in calore. Del resto testiamo le loro capacità fino in fondo. Loro si fidano di noi, ma noi dobbiamo fidarci ciecamente del loro operato, in un binomio indissolubile quale è quello tra uomo e cane e che è il fulcro dell’unità cinofila”.
Pubblicato il 22 luglio 2020